Era marzo e il lavoro era in "pausa", non mi sembrava neppure tanto male, qualche giorno senza sveglia e le cene col marito erano piacevoli novità. Uscire poco di casa non mi pesava avevo un sacco di cose sempre rinviate da sistemare, avevo tempo per leggere, scrivere, pensare. Certo non ero proprio tranquilla e chi lo era? Tutti gli ospedali avevano sospeso operazioni e visite non urgenti che le persone infettate da quel "mostro" che improvvisamente e velocemente si stava prendendo il mondo intero continuavano ad aumentare. C'era bisogno di personale sanitario e posti letto disponibili.
Era marzo e alla televisione ogni giorno alle h.18,00 davano il bollettino delle persone contagiate, guarite ...decedute e subito dopo gli esperti si affrettavano a tranquillizzarmi, non c'era da allarmarsi, chi non riusciva a sconfiggere il virus, per la maggior parte, erano persone anziane con due, tre patologie preesistenti e quindi più fragili. Morti con coronavirus e non per coronavirus.
Era marzo e non avevo percezione di quanto tutto sarebbe stato difficile, riordinavo diapositive, leggevo notizie sul pc mentre mio marito in video chiamata impastava pane e tagliatelle con mia sorella. Si parlava molto fra di noi e pur avendo il timore che la situazione non fosse proprio sotto controllo e i numeri assai diversi da quelli che conoscevamo, io credevo sul serio che qualche mese di isolamento sarebbe bastato a farci uscire da quella surreale condizione di rifugiati in casa.
Era marzo, proprio come ora e come ora nella testa si mescolavano i pensieri.
Troppo facile incolpare il destino, molto difficile capire come mai è ancora marzo e nonostante il sacrificio e il lavoro di molti, qui quasi nulla è cambiato. Cerco buone notizie, aspetto la primavera, come tutti ho voglia di respirare aria nuova.
Era marzo ed È marzo
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